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    Per chi sentiamo il senso di appartenenza

    Potremmo definire l’essere umano diversamente da un atomo in connessione con altri atomi, una parte del tutto, un pezzo di continente?

    John Donne affermava: “Nessun uomo è un’isola, completo in se stesso”.

    Durante la nostra esistenza sperimentiamo le relazioni con le persone che più sentiamo vicine a noi, in termini geografici, ma anche relativamente ai valori, agli stili di vita, ai pensieri. Ci troviamo a far parte di gruppi più o meno numerosi, in cui le persone non sempre fanno parte della stessa etnia o dello stesso credo: il gruppo a cui apparteniamo ha semplicemente uno o più motivi sociali per tenere insieme le persone.

    Il gruppo si alimenta con l’energia che proviene dal singolo, con gli ideali, con il carattere e la forza che lo distingue e li fa propri: e mentre li innalza per estenderli uniformemente a tutti i componenti, cresce sempre di più il senso di appartenenza di ciascuno all’intero gruppo.

    Essere parte di un contesto sociale non ha solo a che fare con l’intreccio di relazioni, con lo sviluppo di un sentimento comunitario di appartenenza e l’adesione comprovante a determinati valori e cultura.

    E’ come percepiamo tutto questo, come percepiamo il contesto e le interazioni tra persone, il nostro valore all’interno del gruppo, l’accettazione di noi e delle nostre identità da parte degli altri.

    Sempre più frequentemente notiamo che insieme al senso di appartenenza ad un gruppo si sviluppa l’identificazione dell’individuo con il gruppo stesso. Tanto più il gruppo è forte e vincente e le relazioni sono salde e costruttive, tanto più ciascuno dei membri del gruppo si sente forte e vincente.

    E’ l’energia che cresce partendo da ciascuno dei partecipanti e che si somma, e continua ad aumentare all’interno del contesto, per poi andare a caricare nuovamente il singolo. Uno dei vantaggi più evidenti per la persona è l’aumento dell’autostima e del sentimento di reciprocità.

    Ancora di più nei contesti aziendali i team così costituiti beneficiano di un aumento di motivazione e di tutti gli effetti della crescita professionale che si alimenta quando all’interno delle relazioni non ci sono problemi, anzi quando il gruppo stesso aiuta a risolverli. Nelle aziende in cui è stilata “carta dei valori” con i principi etici generali, ogni dipendente viene stimolato a riconoscersi nei valori esposti e a partecipare attivamente alla realizzazione di delle organizzazioni, confluendo il proprio impegno in un impegno collettivo, senza il quale la carta resterebbe una semplice dichiarazione di intenti.

    Accade che i bisogni del singolo e i bisogni del gruppo stesso vengano soddisfatti ampiamente secondo la linea dei bisogni aziendali.

    Il bisogno di appartenenza, il bisogno di riconoscimento sociale, di stima, ma anche il bisogno di autorealizzazione, vengono colmati grazie alla forza e alla motivazione trainante del contesto.

    Può succedere che l’individuo si identifichi con il ruolo che assume sul posto di lavoro, che faccia suoi i valori aziendali e che dedichi la propria fedeltà solo a quelli, che si rispecchi nell’altro che fa parte del suo stesso gruppo, fino ad identificarsi con l’azienda stessa. Si sente forte e vincente se lo è il contesto in cui opera, delegando all’esterno la gestione della propria indipendenza ed individualità, della propria identità, confondendo a volte i bisogni aziendali con i suoi bisogni personali.

    “C’è una maschera per la famiglia, una per la società, una per il lavoro.

    E quando stai solo, resti nessuno.”

    (Luigi Pirandello)

    Può capitare che indossiamo delle maschere che abbiamo disegnato ad hoc per ogni situazione, per ogni ambito in cui ci troviamo, per percepirci sempre più accettati e parte integrata di un gruppo. Ad ogni cambio di situazione togliamo una maschera e ne indossiamo un’altra.

    E nel frattempo continuiamo a cercare di adattare quella che indossiamo per sentirci appartenenti a qualcosa o per far sì che gli altri ci accettino.

    E a volte non siamo compresi né accettati nonostante i nostri sforzi.

    Quanta energia toglie tutto questo? Come chiedeva Pirandello, se quella che abbiamo dentro non si accorda con quella che indossiamo, dove sta il vero? Dove finisce l’autenticità della persona?

    Se percepiamo il bisogno di realizzarci, di mostrare quello che crediamo di essere, di perseguire i nostri desideri e i nostri scopi nella vita, ecco che occorre trovare un equilibrio tra il nostro senso di appartenenza ai contesti sociali in cui viviamo e la fedeltà alla nostra pura identità. Che sia un senso di appartenenza anche questo, l’appartenenza al nostro io più vero?

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