28 Lug Per il bene di tutti
Tu sei quello ottimista, lo sai da sempre.
Dove vedi un problema sai che c’è sempre una soluzione.
Sei anche uno a cui non piace perdere tempo: dal problema passi alla soluzione velocemente.
Se poi dipendesse solo da te, la soluzione sarebbe messa in pratica da subito e il problema spazzato via in men che non si dica.
Se fosse per te…
Potresti dare seguito a questa frase in tantissimi modi diversi.
Di problemi ce ne sono sempre, e tu sei pronto ad affrontarli. Quando sono gli altri a portarteli, diventi il risolutore più disponibile che si sia mai visto.
Che cosa ci vuole in fondo?
È per questo che ti senti al posto giusto – al momento giusto, anche nel tuo lavoro.
Sei entrato a far parte di un team di colleghi e ti sei dato subito da fare. Hai cominciato a crederci, nel team, nell’azienda, nei tuoi capi, in te stesso, nelle procedure, nel miglioramento “possibile se lo vogliamo tutti”, nel raggiungimento degli obiettivi quando si lavora per la crescita e la cooperazione.
Ma non lavori da solo e “se fosse per te…” le cose andrebbero diversamente.
…Che cosa “fa team”?…
È proprio così: le cose non vanno come vorresti, almeno non del tutto. Riconosci le competenze di ciascuno dei tuo colleghi, sei in grado di valorizzare il talento di ognuno e di comprendere quanto questo porti beneficio al gruppo. Ma manca sempre qualcosa.
Manca qualcosa che potrebbe far decollare le performance del team per arrivare all’eccellenza.
Non sono sempre e solo i responsabili a desiderare il meglio dai propri collaboratori.
Anche tu nutri il desiderio di crescere professionalmente e di far andare sempre meglio le cose.
E siccome sei un ottimista ce la stai mettendo tutta.
Hai intravisto una possibilità, e non vuoi certo aspettare che qualcun altro ci metta le mani prima di te, o prima che tu ci possa lavorare sopra insieme ai tuoi colleghi.
Non ti piace neanche che sia sempre il responsabile a far notare gli ambiti in cui si può migliorare.
Allora ti muovi per tempo, ne parli con i tuoi colleghi, hai già le soluzioni in testa e desideri condividerle.
Finirebbe tutto come in una favola a lieto fine, se questo dipendesse solo da te.
Chissà perché succede a volte che gli altri non ti capiscano subito, e a volte che diventino essi stessi un ostacolo.
Perché loro non vedono quello che vedi tu?
Sai che quello che conta è seguire le tue idee, crederci, motivare gli altri, discutere in modo costruttivo per raggiungere dei risultati.
Si parte con il piede giusto se si mettono da parte le polemiche e si trasmette positività.
Così finisci per chiederti perché la gente si lamenta sempre, quando basterebbe così poco per superare i problemi e vivere meglio.
Ho semplificato parecchio il tuo pensiero in questo modo: lo so, come sai anche tu, che c’è molto di più, che ognuno di noi attraversa periodi più o meno difficili nella vita e che l’incontro con gli altri può diventare il momento più intimo e delicato di condivisione che possiamo vivere, nell’apertura al dialogo.
“Ogni persona che incontri sta combattendo una battaglia di cui non sai niente. Sii gentile. Sempre.”
(Platone)
Questa frase mi ricorda ogni volta non solo di essere gentile, ma che della battaglia dell’altro, di chi incontro ogni giorno, io non so niente.
Non so che emozioni stia provando, non so quali siano le frasi che lo tormentano, le bugie che si racconta, i ricordi che bruciano.
Di quella battaglia non so niente.
E così succede che mentre cerchi di lasciare il mondo meglio di come l’hai trovato, non capisci perché gli altri non facciano lo stesso.
O almeno questo è quello che ti sembra.
Ti capita soprattutto con quelli che vivono all’interno del tuo stesso ambito lavorativo: li confondi con la realtà assoluta ed oggettiva, dimenticandoti che ognuno ha il suo punto di vista, il suo pensiero, personale e discutibile “confrontabile”. (con il termine “discutibile” spesso ci riferiamo a qualcosa che non ci convince e che vogliamo confutare o non prendere in considerazione)
Che cosa fa crescere veramente un team?
Quali sono i meccanismi che creano cooperazione e collaborazione?
Come si interviene laddove c’è la possibilità di miglioramento?
Hai già l’ottimismo, la disponibilità, la tua abilità nell’analizzare i problemi e nel trovare le soluzioni.
E puoi partire dal presupposto che suggerisce Platone: non sappiamo niente di quello che stanno vivendo gli altri, né di quello che notano, che sentono, delle riflessioni che fanno.
Puoi confrontarti, puoi aprirti al dialogo e prendere in considerazione il punto di vista dell’altro, per inglobarlo nel tuo o anche solo per darti il modo di conoscere qualcosa di nuovo.
E puoi restare te stesso, autenticamente. Pensaci, che cosa potrebbe cambiare?
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