Vuoi iniziare ad essere te stesso?

Sono qui per aiutarti.

     

    Come facciamo a farci trovare?

    «È lì, ferma e mi fissa. Mi guarda da un po’, non che non me ne sia accorta, anzi, sto solo cercando di dare nell’occhio il meno possibile, di non farmi beccare”. La sto guardando anch’io, tentando di fare la disinvolta, come se fosse una cosa normale. Movimenti naturali, espressioni serene e distese: sto provando a far finta di niente, a far vedere che sono a mio agio, perfettamente a mio agio.

    Ma lei continua a fissarmi.

    Chissà che idea si è fatta di me!

    E poi cos’ha da fissare? In fondo mi sembrava di essere uscita in ordine oggi, non un capello fuori posto, non un vestito spiegazzato. Come al solito, del resto. O come quasi tutti i giorni.

    Sì, va be’, lo so che posso fare di meglio. Magari intonare la camicia ai pantaloni, magari sorridere di più, magari dire sempre la cosa giusta, al momento giusto.

    Ma non sono mica perfetta!

    Però lo so che posso fare di meglio. Me l’hanno detto in tanti che ho delle buone capacità, e non solo in un ambito, ma in diversi ambiti. Non tutti sono così fortunati! 

    Ma allora, cos’aveva da fissare?

    Che idea si è fatta di me?»

    L’idea che ci facciamo di noi stessi quando ci mettiamo davanti allo specchio la dice lunga sul nostro comportamento nella vita di tutti i giorni, sulle nostre azioni e anche sulle nostre scelte.

    Già quando eravamo piccoli un’idea di noi ce l’eravamo fatta e su quella proiettavamo i nostri desideri.

    E guardandoci allo specchio non vedevamo solo un’immagine riflessa, ma l’insieme del nostro passato, presente e futuro.

    Lo faccio!

    Lo farò?

    Lo potrò fare?

    In quell’idea ci abbiamo messo i permessi che ci diamo, i nostri “lo posso fare”, le nostre speranze. 

    Ci abbiamo messo anche il riconoscimento che diamo a noi stessi per quello che facciamo, i voti che ci assegniamo. Abbiamo creato la nostra scala interna di valori, di giudizi e di valutazioni.

    E a questa facciamo riferimento tutte le volte che il nostro critico interno fa sentire la sua voce. 

    Ce l’abbiamo tutti un’asticella che ci dice “se faccio così, se mi comporto così, sono OK”. 

    Quanto è posta in alto?

    Quanto dev’essere posta in alto per fare bene le cose?

    Per dare il massimo?

    Per ottenere grandi risultati?

    Per raggiungere la perfezione?

    L’essere fiduciosi del fatto che alla perfezione ci si può arrivare, che le istruzioni da seguire esistono e che basti seguirle, porta a perseverare, anche con ottimismo.

    Ma si va avanti insicuri, perché non si è mai certi se le scelte intraprese sono quelle migliori, se i comportamenti adottati sono quelli più adeguati.

    Non ci si sente liberi, insomma, né di fare né di essere spontaneamente quello che si è.

    L’autenticità viene meno per far posto a un’idea, che è appunto l’idea che ognuno di noi si fa di se stesso e che desidera che sia visibile anche dagli altri.

    Quanto più tendiamo a far sì che quest’immagine rimanga sempre uguale, sempre adeguata a tutte le situazioni, cristallizzata nella sua forma, tanto più la nostra vera essenza rimane nascosta.

    Rinunciando così ad essere fiduciosi nei nostri confronti, nel mostrare il nostro lato più autentico, e nelle nostre capacità di relazione, di comunicazione, di decisione, di creare nel nostro presente quello che è giusto per noi.

    Di prendere posto nel mondo, così come siamo.

     “Se nascondersi è un piacere, la vera catastrofe è non essere trovati”.

    Donald Winnicott

     

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