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    La soluzione ai problemi “impossibili”

    Una volta un cliente mi disse: “Voglio diventare come lui, come Wolf!”.

    Si riferiva a Winston Wolf, personaggio del celebre film Pulp Fiction di Quentin Tarantino chiamato a risolvere un grosso problema: in meno di 40 minuti Wolf sbriga la situazione con il suo fare staccato, disinvolto e lucido che ne fanno il padrone indiscusso del caso.

    Riguardando insieme il video abbiamo notato come il nostro Problem Solver giocasse le sue mosse: inizia con una lettura veloce del contesto, visualizza la soluzione, opera le scelte e sempre molto rapidamente distribuisce le istruzioni.
    Così com’è apparso, esce di scena dopo pochi minuti e manda avanti la trama, ma resta comunque nella nostra memoria.

    In che modo possiamo risolvere i nostri problemi efficacemente come il signor Wolf?
    Innanzitutto, perché nascono i problemi?

    L’etimologia stessa della parola ci dà un ottimo aiuto: il problema è qualcosa che riguarda il «mettere avanti, proporre», «ciò che si getta davanti».
    Vediamo un problema solo quando riusciamo a gettare lo sguardo oltre i nostri abituali confini e questo nasce da un nostro desiderio personale. Se si accontentassimo di quello che sta all’interno del nostro campo visivo, della nostra realtà, non avremmo problemi. E non avremmo neanche desideri!
    Ma siamo persone che sognano, desiderano, vogliono! Questo è quello che fa per noi: riconoscere che siamo davanti a un problema e passare all’azione, iniziando un progetto.
    “L’azione di gettare davanti” non a caso è proprio la definizione etimologica di progetto.

    Una moltitudine di fonti suggerisce che il problem solving sia costituito da un insieme di tecniche utili appunto a risolvere problemi che si attua attraverso i seguenti passi:

    • definire il problema, circoscriverlo, analizzare i vincoli.
    • individuare l’obiettivo da raggiungere e definirlo correttamente, utilizzando ad esempio la tecnica SMART (Specific, Measurable, Achievable, Realistic, Timely o Time-base)
    • identificare le alternative e passare alla valutazione e scelta.

    Se seguiamo correttamente questi passaggi siamo in grado di risolvere tutti i nostri problemi o gran parte.

    Ci sono persone che riescono meglio di altre? Quali sono le caratteristiche dei migliori problem solver?
    Si parla spesso di persone estremamente reattive ed analitiche, dotate di una buona gestione delle proprie emozioni. Potremmo pensare che il personaggio di Wolf appartenga a questa categoria, capace di risolvere qualsiasi tipo di problema.

    Quando andavo alle superiori i problemi che incontravo quotidianamente erano per lo più matematici: funzioni, integrali, matrici, problemi di geometria.
    Mi ricordo che quando avevamo affrontato le equazioni avevamo appreso che potevano esserci una ma anche più soluzioni per la stessa equazione. Un aspetto molto interessante di questa parte di matematica è il fatto che esistono casi in cui il problema (l’equazione) non può essere risolto con gli strumenti in gioco: il problema viene così definito impossibile.
    In quegli anni ricordo che in quei casi, quando scoprivo che l’equazione era impossibile con tutte le dovute dimostrazioni, provavo un certo sollievo.

    Le equazioni non erano quindi tutte solubili!

    Questa parte di matematica mi induceva a pensare anche che in generale non tutti i problemi hanno una soluzione possibile e per un certo periodo questo pensiero è entrato a far parte dei miei schemi mentali.
    Qualche tempo dopo ho avuto modo di sperimentare che siamo in grado di scoprire molte più soluzioni ai nostri problemi di quante pensiamo che esistano e così ho messo da parte il concetto di “impossibile”.

    Sia che ci troviamo di fronte ad un problema nostro o sia ad un problema che ci pone qualcun altro, abbiamo la possibilità di mettere a frutto le nostre capacità e di far brillare la situazione.

    Di quali capacità si tratta?
    Curiosità, capacità di porre e di porsi domande, passione per il proprio lavoro e soprattutto intuizione.
    Per chi considera l’eccellenza una virtù, l’intuizione è il motore dell’innovazione e delle idee creative che coinvolgono estrema novità.

    In un capitolo dedicato al problem solving del libro Sustainability, Human Well-Being, and the Future of Education, Asta Raami cita il lavoro di molti designer di talento che non si concentrano molto sulla parte analitica quando si trovano davanti ad un problema, ma che lasciano che siano il loro approccio intuitivo e l’esperienza ad portarli alla soluzione in tempi rapidi.
    L’intuizione infatti può filtrare numerose quantità di dati che arrivano dalla nostra mente, dare nuove indicazioni a possibili soluzioni, stimolare la formulazione di nuove idee, collegare prospettive sorprendenti o superare i limiti del ragionamento conscio.
    La parte razionale invece è fondamentale per l’argomentazione della soluzione che ci arriva intuitivamente.

    Il processo intuito comincia quando la nostra mente è aperta, quando dichiara consapevolmente di non conoscere, come se fosse in uno stato di ignoranza intenzionale. Così non cadiamo nei nostri attuali modelli di pensiero.
    Parte tutto con l’immaginazione.

    “Imagination is more important than knowledge.”

    (Albert Einstein)

    Albert Einstein immaginava di viaggiare su un raggio di luce prima di ideare la teoria della relatività. Larry Page, che ha fondato Google, si svegliò durante la notte immaginando cosa sarebbe successo se avesse potuto cercare tutte le informazioni da Internet e presentare i risultati in un’unica pagina.
    Nikola Tesla è citato spesso come l’esempio più impressionante di visionario. Tesla immaginava vivamente le sue invenzioni con un dettaglio così elevato che poteva seguirle nella sua mente per settimane.

    Molti dei più noti visionari riferiscono di beneficiare del rilassamento e della meditazione, dello sguardo rivolto all’interno e non all’esterno alla ricerca di dati e circostanze.
    Attivano la loro parte inconscia passando attraverso l’alterazione del loro stato di coscienza.

    Anche noi, se vogliamo dare vita a nuove soluzioni creative, dobbiamo tenere in considerazione che la nostra capacità di analizzare razionalmente opera a una velocità più bassa ed è estremamente limitata rispetto alla nostra capacità intuitiva.
    Entrambe sono altamente specializzate e funzionano in perfetto equilibrio: l’intuizione raccoglie percezioni importanti e le trasmette alla capacità razionale di analisi per ulteriori elaborazioni.

    Per sviluppare le capacità intuitive possiamo ad esempio iniziare ad approcciarci ai problemi domandandoci “Cosa succede se… ?”, “Che cosa potrebbe… ?” e iniziare a immaginare possibili scenari.
    Le emozioni che li accompagnano sono altrettanto importanti. Saperle riconoscere ed ascoltare i messaggi che ci portano per condurci efficacemente ai risultati attesi, ci consente di conoscerci meglio e di affrontare le sfide quotidiane con un maggior dominio da parte nostra.

    Man mano che utilizziamo l’intuizione, diveniamo maggiormente consapevoli di segnali o sensazioni speciali che ci fungono da conferme e di come questi cambino a seconda di come percepiamo i risultati della nostra immaginazione.

    E così funziona anche quando ci troviamo davanti ad un problema che ci ha posto un’altra persona, un famigliare, un amico o un collega, un problema in cui magari siamo direttamente coinvolti.
    Solo ponendoci nei panni dell’altro attraverso un ascolto privo di giudizio, solo attraverso domande intuitive e curiose, possiamo favorire la creazione di una soluzione.
    Guardare con gli occhi dell’altro, immaginare come se fossimo veramente l’altra persona, cercare di percepire le sue stesse emozioni, metterci in ascolto di noi stessi una volta che siamo entrati nelle vesti del nostro interlocutore, rappresenta la grande opportunità non solo di risolvere un problema, ma di far emergere la nostra empatia ed autenticità.
    Nella maggior parte dei casi noteremo che è la persona stessa che ci ha posto il problema a definire anche quale sia la soluzione migliore e questo ci permetterà di collaborare costruttivamente evitando uno spreco di energie e di perdite di tempo.

    Esistono quindi problemi impossibili?

    Probabilmente sì, se non partiamo dall’idea che possano essere risolti.

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