18 Feb Saper convincere non basta
Quando parliamo di leadership e discutiamo di tutti gli aspetti che portano un leader ad essere efficace e riconosciuto, facciamo spesso riferimento a modelli già affermati, che cavalcano l’onda del successo.
Persone carismatiche, dotate di un forte senso di responsabilità, che hanno superato paradigmi obsoleti ed inadeguati nella crescita della conoscenza, personale e professionale. Persone che ci affascinano non solo per i contenuti dei loro discorsi o i bei modi con cui si approcciano agli altri, ma soprattutto per quanto riescono ad avvicinarsi a noi, al nostro mondo, al nostro modo di sentire.
Sembra quasi che ci conoscano più loro che i nostri conoscenti più intimi.
Riescono a toccarci nel profondo delle nostre emozioni.
Negli ultimi anni mi sono convinta che questa superba capacità di esporsi e di coinvolgere il pubblico sia frutto di qualcosa di innato nelle persone, di una vera e propria autenticità che traspare dai vestiti e dalle apparenze.
L’autenticità paga, e ogni volta che ci mostriamo per quello che siamo è un regalo che facciamo non solo agli altri ma anche a noi stessi.
“Sii fedele a te stesso da che deve seguire, come la notte al giorno, che tu non potrai essere falso con nessuno.”
(Shakespeare)
L’autenticità quindi, come la fedeltà a se stessi, diventa uno degli ingredienti principali di chi guida e favorisce il consenso da parte di chi viene guidato. Sembrerebbe infatti che il coinvolgimento e il convincimento delle persone siano strettamente legate a questa caratteristica.
Velasco ci dice di più. Al Leadership Day di Milano (febbraio 2020) il più grande allenatore di tutti i tempi parla di un “dovere” rispetto al fare in modo che gli altri seguano le idee del leader. “Il nostro lavoro è convincere”
L’imperativo non lascia dubbi: la leadership è qualcosa di dinamico, e corre a svilupparsi attraverso la necessità di convincere. Convincere i dirigenti e il team di lavoro.
Attuare ogni giorno e ad ogni occasione quella scelta di coinvolgere il singolo perché si senta parte di scelte strategiche e di lavoro condiviso in team, con il focus da una parte sull’obiettivo da raggiungere e dall’altra negli occhi di chi lo ascolta.
E questo è il secondo messaggio che ci arriva da Velasco: bisogna saper cogliere i “no” nascosti, quelli che ci fanno capire che, sotto sotto, il nostro interlocutore, i dubbi non li ha ancora sciolti.
Ripenso a tutte le volte che sul lavoro mi è capitato di dover convincere qualcuno di qualcosa in cui credevo fortemente, animata da il profondo senso di appartenenza per l’azienda e per quello che stavo facendo, anche qualcosa di semplice, e di leggere in faccia all’altro perplessità o disapprovazione, di sentirmi rispondere “sì, ma… no, ma…”.
In quei momenti credo sia utile fermarsi, mettere da parte la nostra opera di convincimento per far sì che il messaggio dell’altro ci arrivi completamente, e prendere veramente a cuore il problema per trovare una nuova soluzione.
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